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Type de textesource
TitreLettera a Bernardo Tasso sulla poesia epica
AuteursGiraldi Cinzio, Giovanni Battista
Date de rédaction1557
Date de publication originale
Titre traduit
Auteurs de la traduction
Date de traduction
Date d'édition moderne ou de réédition1970
Editeur moderneWeinberg, Bernard
Date de reprint

(t. II), p. 461

E perciò voglio credere che Vostra Signoria, come giudiciosa ch’ella è e che ha speso tanto tempo e durata la gran fatica che io mi stimo che durata ella abbia intorno al suo nobile poema, non voglia fare giudice di composizione tanto magnifica il vulgo, del quale, come abbiamo detto, sono tutte le bassezze e tutte le imperfezioni, e non ha giudicio se non nelle cose simili a lui e che sono dell’arte sua. Il che si vide nella eccellente immagine d’Apelle : perché il calzolaio, tralasciate tante cose perfette e considerabili intorno a quella figura, die’ solo giudicio convenevole della scarpa ; poscia volendosi trapporre a giudicare alcune altre parti, gli fu detto dal nobile pittore che al calzolaio non si apparteneva giudicare oltre il calzare. La qual cosa non potrebbe dire qualunque giudicioso vedesse il vulgo piegarsi a voler dar giudizio della perfezione di ben composto poema. Ché ancora ch’Orazio dica : « Plerunque recte vulgus videt », egli l’ha detto in quella guisa che si suol dire, « Saepe etiam est olitor valde opportuna locutus ». Si scrivono, Signore Tasso, cose tali a’pari di Vostra Signoria, del Signor Muzio, del Signor Cappello, e di altri simili ; e come i pari di Vostre Signorie conoscono le ragioni e l’utile del diletto che nasce dalle poesie ben composte, il vulgo quasi a caso prende da ciò solo una lieve ombra di diletto, senza sapere perché tal cosa gli aggradi. Et è il vulgo nel pigliarsi tal diletto simile a coloro che si lasciano pigliare al soave dell’odore degli unguenti odoriferi e non conoscono la virtù ch’essi hanno a far ricovrare la sanità perduta o mantenirla a chi la possiede. Conchiudendo adunque questa parte, che il fine delle composizioni poetiche sia l’utile il quale abbia compagno il diletto, espresso con dicevol maniera di dire, come mostrerò al suo luogo, voglio creder che poeta degno di loda mai non si dia a scrivere per dar piacere al vulgo o per farlo giudice della sua composizione. E qui serà fine alla risposta di quella parte che conteneva questo giudicio del vulgo.

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